Il Palazzo Ducale di Sassuolo
Il Palazzo Ducale di Sassuolo che oggi ammiriamo risulta dalla trasformazione di un precedente castello medievale che, documentato poco prima dell’anno mille, fu dimora dei signori della Rosa e dei Pio prima di passare definitivamente agli Este nel 1599. Nel 1634 il Duca Francesco I d’Este affidò all’architetto romano Bartolomeo Avanzini i lavori di trasformazione dell’antica rocca in residenza estiva. Il risultato rappresentò una delle massime fonti d’ispirazione per il barocco emiliano.
Dalla Rocca al Palazzo: la trasformazione secentesca
Per il Palazzo Ducale di Sassuolo Bartolomeo Avanzini ripropose la classica tipologia del blocco avvolgente il cortile interno e, fatta eccezione per la demolizione delle precedenti costruzioni contenute nella corte, lavorò conservando il più possibile l’esistente (gli appartamenti cinquecenteschi a sud e a nord e i locali del pianterreno). Di particolare originalità appare invece la soluzione adottata per le antiche torri castellane, che furono tagliate appena sopra la scarpa ricavandone quattro terrazze belvedere. Percorsi pensili, ricavati dai camminamenti di mura, completarono la trasformazione del castello in palazzo signorile.
Si creò così un organismo centripeto il cui punto focale fu posto nella Corte d’Onore. Alla corte, elemento di mediazione tra lo spazio interno e quello esterno, si accedeva dai tre fornici al centro della facciata, attraversando un primo cortile collegato allo Scalone d’Onore ed una loggia porticata.
Nel vestibolo d’ingresso, oltre alle figure allegoriche entro nicchie opera di Colonna e Mitelli, si realizzarono, su disegno di Gianlorenzo Bernini, due statue in stucco marmorizzato su laterizio alla maniera degli antichi, raffiguranti Nettuno e Galatea (1652). Nel cortile interno ancora sono visibili deboli tracce delle decorazioni realizzate dai bolognesi Colonna e Mitelli allo scopo di rimediare alle misure ridotte e alla struttura irregolare del cortile attraverso artifici prospettici ed espedienti scenografici. A chiudere la prospettiva d’ingresso si pose una statua in stucco raffigurante una Divinità marina con delfino realizzata su disegno del Bernini. La manica che costituiva la cortina difensiva verso il borgo fu sopraelevata e raddoppiata: qui trovarono posto la Galleria, il Salone e le due sale adiacenti. Verso il 1650 si completò lo Scalone d’Onore, che, caratterizzato da sfondati architettonici (opera del Colonna e del Mitelli) e da finestre, creò un importante precedente per l’intera storia architettonica della regione. Nel 1670 si terminarono la scala “a lumaca” (destinata all’uso interno) e gli appartamenti sul lato ovest.
La facciata fu realizzata tra 1644 e 1651 recuperando la cortina esistente e gli avancorpi delle torri demolite. Qui si riprese il tema delle tre arcate separate con paraste che sorreggono una balconata. Il piano terra fu frazionato dal motivo del bugnato piatto, le finestre del piano nobile furono invece caratterizzate dal frontone alternato triangolare e a pieno centro. Nelle lesene laterali si inquadrarono due nicchie e due finestre a serliana: su quelle centrali si pose un risalto ornato da un’aquila e dallo stemma della casata Estense. Nelle nicchie laterali trovarono invece posto gli stucchi rappresentanti L’Architettura Militare e l’Architettura Civile. Della originaria decorazione plastica della facciata oggi è però rimasto ben poco.
L’intervento dell’Avanzini investì anche l’impianto urbano: attraverso consistenti demolizioni l’architetto romano realizzò il viale d’accesso e la piazza antistante il Palazzo (attuale piazzale della Rosa). Il nuovo viale, vero e proprio cannocchiale prospettico, si costituì come il prolungamento della via Claudia, unendo il Palazzo e il Santuario di Fiorano, potere temporale e potere religioso. Ai lati del nuovo viale si affacciano ancora oggi gli edifici dipendenti dalla reggia (paggerie), tra loro simmetrici. La piazza è, oggi come allora, il punto ideale per la visione dell’intero sistema: il viale, la loggia e la corte del Palazzo, a destra la Cappella Ducale e a sinistra lo sforo che introduce al Giardino.
Lo spazio tra le vecchie mura, il fossato e la muraglia della piazza del mercato fu sistemato a pioppeto e a pergolato di viti. Presso l’ingresso ai giardini si edificò la Peschiera, teatro delle fontane costruito sfruttando parte del fossato preesistente, dove l’architettura diviene roccia in un gioco di nicchie e percorsi a più livelli. L’Avanzini infine completò il parco già esistente con nuovi viali e arredi statuari.
Il Piano Nobile del Palazzo Ducale di Sassuolo
L’impianto del Piano Nobile risulta imperniato sul sistema delle “infilades” e dell’atrio-scalone-salone-galleria, unico accesso di rappresentanza al primo piano. Qui soprattutto è facile rintracciare la politica d’immagine voluta da Francesco I e pensata da due eruditi di corte: Girolamo Graziani (poeta e segretario del duca) e l’abate Nicolò Musso. Il densissimo programma iconografico, volto alla celebrazione del casato, fu composto principalmente dal francese Jean Boulanger e aiuti.
Impegnato a Sassuolo dal 1638 al 1656, Boulanger affrescò per prime la Camera della Fede Maritale, il Camerino dell’Innocenza, la Camera dei Venti e la Camera di Giove, le cui quadrature furono eseguite dal bresciano Ottavio Viviani. Terminati questi primi ambienti già nel 1640, il Boulanger passò agli altri ambienti del palazzo, coadiuvato da Angelo Colonna, Agostino Mitelli, Baldassarre Bianchi e Gian Giacomo Monti. E’ alla particolare tecnica pittorica dei suddetti artisti (quadratura bolognese) che si deve la realizzazione di effetti scenografici la cui dinamicità illusionistica rompe la rigidezza del sistema architettonico del palazzo. Operarono non solo, come precedentemente ricordato, nei due cortiletti d’ingresso, nel cortile centrale e sulla parete di fondo nel vano dello Scalone, ma anche, e con straordinari risultati, nella Sala delle Guardie e nella Galleria di Bacco.
Nella Sala delle Guardie, forse a causa della vastità della stessa, mancò un’organica concezione architettonica: il gioco illusionistico è qui condotto in superficie, nell’intrico di finte finestre, balconcini, logge, mensole e drappi. Al centro della volta il Boulanger dipinse Apollo al quale le Muse presentano le opere letterarie promosse dalla casa d’Este, introducendo così il tema del mecenatismo ducale.
Nella galleria di Bacco l’illusione architettonica fu semplificata allo scopo di lasciare spazio alle quarantuno scene narranti episodi della vita di Bacco, dipinte dal Boulanger. La galleria separa gli appartamenti detti della duchessa dagli appartamenti del duca e dall’Appartamento Stuccato. All’Appartamento Stuccato lavorarono il milanese Luca Colombi, Giovanni Lazzoni e Lattanzio Maschio. Per le cornici di stucco Francesco I commissionò tele ad artisti quali il Guercino, Salvator Rosa, Ludovico Lana e lo stesso Boulanger. Se gran parte di queste tele sono ora perdute (ma con notevoli eccezioni), molti ambienti del Piano Nobile sono invece molto ben conservati.
Le trasformazioni del XVIII secolo
Nel 1749 Francesco III riconfermò Sassuolo quale sede di villeggiatura e affidò all’architetto veneziano Pietro Bezzi l’incarico di risistemare il complesso Giardino-Palazzo. Il Bezzi trasformò la facciata meridionale in una grandiosa quinta teatrale: ripropose il tema della loggia centrale a tre fornici, sottolineata con colonne a rocchi su cui appoggiava una balconata, mentre le finestre furono caratterizzate dai ricchi timpani mistilinei e gli alterni ovati. E’ documentata anche la presenza di un’elegante altana, demolita però nel XIX sec. Un’ampia terrazza con sottostante loggiato e rampe collegò il palazzo al Parco.
Tra 1756 e 1759 si demolì il coronamento avanziniano della facciata principale, sostituito con una lineare balconata, in seguito (1799) dipinta con una finta balaustrata su fondo di cielo. Lo stemma del risalto centrale fu cancellato e sostituito con un orologio alla francese (cioè moderno), terminato nel 1775 dal modenese Scarabelli.
Interventi successivi si devono all’architetto ducale Pietro Termanini, che costruì tra 1771 e 1780 i due edifici simmetrici all’imboccatura della Rocca ed un grande portale dai richiami arabeggianti (distrutto nel 1883) e affidò al pittore di corte Lodovico Bosellini le revisione dell’intero sistema decorativo esterno del Palazzo, della piazza e del viale d’accesso. Seguirono altri interventi decorativi di arricchimento: nella facciata principale si eliminò il piatto bugnato e si inserirono nicchie con statue. Negli anni ’80 Ercole III completò la facciata nord (ad opera del Bosellini) e commissionò a Giovanni Morselli la Cavallerizza Ducale, nuova grande stalla per i cavalli del duca (ora recuperata da privati).
La decadenza e il recupero del Palazzo Ducale di Sassuolo
Nel 1796, con l’invasione francese del Ducato, ogni proprietà estense venne demianalizzata e si diede l’avvio alla dispersione dell’arredo interno e di parte dell’apparato decorativo esterno. La proprietà passò poi a privati, per lo più stranieri (lo svizzero Müller e poi il conte d’Espagnac). Il Palazzo, di cui invano la comunità sassolese cercò di ottenere la proprietà, rischiò di essere demolito per far posto ad una serie di condomini.
Negli anni 1917/19 fu impiegato come caserma. Nel 1919 fu ceduto alla ditta Bellentani, che adattò le sale a macello, finché nel 1941, per interessamento del Principe Umberto di Savoia, divenne proprietà dello Stato e fu affidato all’Accademia Militare di Modena. Il Palazzo fu danneggiato ancora tra il 1943 e il 1945, anni in cui andarono disperse anche due tele poste nella Sala del Ballo e le undici tele dipinte dal Boulanger per la Camera delle Fontane. Negli anni ’50 e ’60 si procedette ad un discusso recupero dei fronti, mentre si andavano lottizzando le aree circostanti.
Dal 1987 il Palazzo è oggetto di attenzioni costanti, volte al rispetto ed al recupero del Palazzo così come lo volle Francesco I. Tra il 1990 e il 1994 i restauri hanno interessato la Peschiera e la facciata principale, alla quale sono state restituite le connotazioni cromatiche di fine ‘700. I più recenti interventi, conclusi nel 1998, hanno permesso il recupero di strutture proprie del castello preesistente e di antichi camminamenti, quali il Corridoio Segreto, la Galleria Piccola e il Belvedere sul Giardino Segreto, che ponevano in comunicazione, attraverso un percorso pensile, l’appartamento ducale con la tribuna privata del duca all’interno della Cappella Ducale, attuale Chiesa di San Francesco.
Oggi l’insieme degli edifici ducali forma una scenografia di notevole suggestione, in gran parte fruibile, nel suo volto esterno, da cittadini e visitatori che si recano in Rocca. Piazzale della Rosa, in passato ridotto a parcheggio, è ora spesso teatro di eventi di carattere culturale.
Per quanto riguarda gli ambienti interni va segnalato ancora come al piano rialzato, nell’Appartamento dei Giganti, siano stati ritrovati i soffitti cassettonati dipinti di due appartamenti risalenti al XV sec. Nel secondo ambiente dello stesso Appartamento, al di sotto di una camicia muraria con quadrature seicentesche, sono state rinvenute decorazioni araldiche entro ghirlande del XVI sec. rappresentanti gli stemmi dei Pio e dei Bentivoglio. Tracce della decorazione eseguita da Domenico Carnevali nel XVI sec. sono state ritrovate nella Camera della Cancelleria. Al primo piano, interamente restaurato, è stata recuperata nel Camerino della Notte parte delle decorazioni cinquecentesche.
Dal 1998 gli interni del Palazzo sono nuovamente visitabili. Dal 28 maggio 2004, il Palazzo è in consegna al Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Soprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico. Il percorso di visita degli Appartamenti Ducali è un percorso museale a tutti gli effetti, per il quale è stato istituito il biglietto d’ingresso. L’apertura al pubblico è organizzata con specifica Convenzione dalla Soprintendenza e dal Comune di Sassuolo.
Paola Gemelli